Giovedì 28 Novembre ore 20.45
CROW J & NEPTUNE MAK
presenta
Madre che resta
di
PATRIZIA BAGLIONE
con
Violoncello elettrico: Mº MARCO ALONZI
Voce recitante e canto: ALESSIA LOMBARDI
Danza e performance: FRANCESCA MARIORENZI
Musiche originali: Mº Marco Alonzi
Coreografie: Francesca Mariorenzi
Adattamento e regia
ALESSIA LOMBARDI
Definiti «i Led Zeppelin della poesia performativa», Alessia Lombardi e Marco Alonzi (aka Crow J & Neptune Mak) osano, in MADRE CHE RESTA (ultimo riadattamento teatrale dell’omonima silloge di Patrizia Baglione), nominare la perdita, rompere il tabù, portando in scena i versi per un bambino mai nato.
Il lutto conseguente all’aborto, in maniera in parte analoga al lutto per suicidio, viene spesso vissuto in sordina, senza cercare o ricevere appoggio esterno, per paura di ritrovarsi oggetto di un giudizio che può consistere nella condanna della scelta o nella sottovalutazione del dolore conseguente. La discussione ancora fervente intorno alla legge 194 ha portato a vedere l’aborto perlopiù come una questione politica o religiosa, trascurando gli aspetti psicologici. Comprendere che un aborto volontario implichi un lutto non significa mettere in discussione il diritto delle donne a ricorrervi: significa non lasciarle sole ad affrontarne le conseguenze.
Il progetto di poesia performativa Crow J & Neptune Mak innesta la sua originale proposta di spettacolo dal vivo nella dimensione di un concerto poetico a due voci – quella “esterna” del racconto, quella “interna”, segreta dello strumento – attraverso una peculiare tipologia narrativa in limine – tra letteratura nera, confessional poetry di matrice statunitense e cruda visionarietà contemporanea: un dualismo profondo, paradossale, che trova nel genere della suite elettrica una soluzione concertistica efficace alla creazione di un filo conduttore intrinseco alla molteplicità linguistica e metalinguistica dei testi interpretati, e si accosta all’esigenza antica della produzione orale, dell’arte e della tecnica aedica, intesa come esperienza –—percettiva e immaginifica, al di là e al di sopra della parola scritta. Per mezzo cioè del suono – il linguaggio in grado di restituire la qualità dell’espressione prodotta dall’uomo – la parola comune si amplifica per diventare arcano, da decodificare (e codificare poi, nuovamente) nell’ascolto in silenzio. Silenzio contrapposto alla danza, alla performance espressiva di corpo e oggetti, in dialogo fitto e rutilante con ognuna delle componenti spettacolari.